La mia vuota casa piena

mercoledì 22 settembre 2010 - Scritto da Stè alle 16:13
Ho costruito una bella casa: perfetta, bellissima, di mille colori allegri, ben curata e ben tenuta, un vero gioiello. e quando la gente passa davanti, sorride. Tutti sorridono!
Lascio giocare i bambini felici nel mio prato, gli lascio usare un'altalena e un piccolo parco giochi fatto apposta per loro. C'è anche un albero, per dare riparo dal sole, per tenere all'ombra un tavolino sul quale si possono anche fare i compiti.
Ascolto in silenzio i commenti pieni di ammirazione degli anziani che passeggiano dinnanzi alla mia casa, avanti e indietro tutto il giorno, e non parlano d'altro. Ho messo delle panchine per far riposare le loro gambe. Ho messo una fontanella per rinfrescare le loro bocche.
Quando si fa sera, ricordo ai bambini che ancora giocano che si sta facendo buio, che ci sono le loro mamme e i loro papà a casa che li aspettano, e li incoraggio a tornare a casa. Non appena andati via tutti i bimbi, ancora qualche anziano si trattiene per un po', poi si incamminano anche loro verso le loro calde case che li aspettano.
Io osservo il tutto da dietro i vetri della finestra in cucina, quella sopra il lavello. Esco di rado: la mia casa è troppo piena di nulla e il mio tempo è occupato da troppe nessunacosa da fare, e purtroppofortunatamente non riesco a trovarevolertrovare il tempo per uscire e stare con qualcun'latro.
Quelle poche volte che esco, cerco di farlo con il sorriso sulla bocca, onde evitare qualsiasi domanda.
Quando incontro qualcuno mi fa i complimenti per la mia casa e ringraziano per l'ospitalità. Io sorrido, ringrazio, e prima ancora che qualcuno me lo chieda, dico che stò bene e che sono felice senza mai togliermi il sorriso dalla bocca. Tutti sono felici per me allora, sono tutti contenti, io sono felice, sono contento.
Ho messo uno specchio proprio all'ingresso, sul mobiletto del telefono che non c'è: mi cade sempre lo sguardo negli attimi successivi al mio rientro. In quegli attimi il mio sorriso di plastica è ancora appeso sulla mia faccia per inerzia, così da avere un ricordo di me che sia quello di una persona sorridente, felice, che sta bene. Il più grande imbroglio della storia: riesco a vendere ciò che non ho talmente bene che sono arrivato a tal punto da convincermi di avere ciò che vendo. Mi sono convinto a tal punto che un giorno, mentre pranzavo, mi sono alzato e mi sono recato verso lo specchio all'ingresso. Per alcuni istanti ho esitato, aspettato, il cuore ha incominciato a battere sempre più forte.. Mi sono guardato e ho chiesto a quel signore riflesso nello specchio che tanto mi assomigliava: 
"Sei felice?"
"Sì, certo, tantissimo!"
"Davvero?"
"No..." rispose guardandomi negli occhi. Sorrisi, e me ne tornai in cucina a finire quello che avevo lasciato nel mio abbondante piatto vuoto, sul tavolo apparecchiato per due...


R. Leoncavallo - Vesti la giubba, Pagliacci (Franco Corelli - tenore,  Orchestra RAI di Torino, Alfredo Simonetto - direttore, reg. 1954)


Recitar! Mentre preso dal delirio,
non so più quel che dico,
e quel che faccio!
Eppur è d'uopo, sforzati!
Bah! sei tu forse un uom?
Tu se' Pagliaccio!
Vesti la giubba,
e la faccia infarina.
La gente paga, e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor, Ah!
Ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!


Link
Il video originale su youtube
Pagliacci, l'opera di R. Leoncavallo (Wikipedia)