Is anyone out of there?

lunedì 6 ottobre 2008 - Scritto da Stè alle 10:08
Era il 15 agosto 1977 e il Dottor Jerry R. Ehman, professore di astronomia alla Franklin University, stava lavorando con il radiotelescopio "Big Ear" dell'Università dello stato di Ohio al progetto SETI.
SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza Extraterrestre), è un progetto dedicato alla ricerca della vita nel cosmo, ma in particolare di quella intelligente.
Ad un certo punto, controllando i tabulati del computer collegato al radiotelescopio, Ehman rilevò la presenza di un segnale caratterizzato da numerosi segni di intelligenza e preso dall'emozione, a margine della stampa del computer, scrisse il famoso "Wow!" da cui prese nome il fenomeno.
Premesso che il Big Ear era un radiotelescopio fisso, sfruttava quindi la rotazione della terra per cambiare la porzione di universo da analizzare.
Data la velocità di rotazione della terra e la larghezza della finestra osservativa, il radiotelescopio non poteva osservare un punto per più di 72 secondi.
Non ci si sarebbe mai aspettato però che un segale extraterrestre venisse registrato precisamente per 72 secondi, con un intensità crescente per il primi 36 secondi (finche il segnale non avesse raggiunto il centro della finestra osservativa) seguito da una progressiva diminuzione.

Il segnale fu molto intenso, dieci decibel superiore al rumore di fondo (circa trenta volte). Il segnale fu captato alla frequenza di 21 centimetri (corrispondente alla transizione tra i livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di idrogeno). Questa è la frequenza che solitamente si utilizzata nei progetti di radioascolto, e a nessuna trasmittente terreste o satellitare è consentita la trasmissione. Era un segnale a banda stretta, perché ricevuto attraverso solo uno dei cinquanta canali del ricevitore, e aveva inoltre un aspetto artificiale: il suo ritmo di passaggio attraverso il lobo del radiotelescopio mostrava che si muoveva con le stelle. Si trattava quindi di un moto diverso da quello di un satellite o di un aeroplano.

Un altro indizio molto importante che prova l’intelligenza del segnale, sta nel fatto che il segnale non sia un ronzio fisso, ma un segnale ad intermittenza: si era spento dopo essere apparso nel primo lobo, oppure si era acceso poco prima che il secondo lobo intercettasse quell’area di cielo.
Big Ear, tramite la sua forma, produce simultaneamente due lobi (e quindi due vedute del cielo, leggermente sfasate l’una dall’altra); dopodiché confronta automaticamente le due vedute per cancellare le interferenze terrestri. Solitamente un oggetto celeste viene registrato due volte all’Ohio State, una per ciascun lobo, a differenza di questo segnale che fu registrato una volta soltanto.

Nel 1987 e nel 1989, Robert Gray cercò di ricreare l'evento usando l'array META all'Oak Ridge Observatory, ma senza risultato. Riprovò anche nel 1995 e nel 1996 utilizzando il Very Large Array, molto più potente del Big Ear, e nel 1999 usando il radiotelescopio da 26 metri dell'University of Tasmania di Hobart. Vennero effettuate sei osservazioni da 14 ore trovando una posizione nelle vicinanze, ma non venne rilevato niente di simile al segnale Wow.
C'è anche chi ha obiettato che un segnale intenzionale si sarebbe ripetuto. Come per dire: non si grida "Ehi, sono qui" una volta sola, ma bisogna anche considerare che il 16 novembre 1974, quando sono stati gli esseri umani ad inviare attraverso il radiotelescopio di Arecibo (in Puerto Rico) un segnale verso lo spazio, lo fecero una volta sola.
Per spiegare come mai il segnale non fu mai più rilevato, Frank Drake fece alcune supposizioni. Innanzitutto bisogna precisare che venne inviato da una civiltà tecnologicamente avanzata che intendeva comunicare con altre civiltà del cosmo. Per farlo avrebbe potuto inviare continuamente un segnale in tutte le direzioni, tramite una singola antenna che illumini metà sfera celeste per volta - oppure l’intera sfera celeste, utilizzando un’altra antenna agli antipodi del pianeta. Così facendo chiunque guardi nella vostra direzione, alla frequenza corretta, e disponendo di strumentazione sufficientemente sensibile, sarà in grado di captare il vostro segnale. Il problema è che in questo modo si spenderà una quantità enorme di energia per creare un segnale debole, diffuso, e non rilevabile a grandi distanze.
Alternativamente potrebbe pensare di focalizzare la stessa quantità di energia in un fascio più ristretto. Così potrebbe illuminare il suo obiettivo con un segnale un milione di volte più intenso, captabile a distanze assai più elevate. In questo modo, tuttavia, illuminerete solo un milionesimo della sfera celeste per volta. Perciò la probabilità che un’altra civiltà vi rilevi sarà al massimo di una su un milione, anche ammettendo che questa sappia in che direzione cercarvi.
Probabilmente la migliore soluzione sarà quella di trasmettere un fascio a ventaglio: questo tipo di trasmissione fa sì che l’energia sia concentrata in un ristretto angolo solido di cielo, come il segnale di un faro. Con la rotazione del pianeta, questo raggio scruterà il cielo, illuminando buona parte della sfera celeste per un certo periodo di tempo ogni giorno. In questo modo, oltre ad avere un segnale intenso, si potrebbe forse illuminare l’intero universo, anche se a seconda della rotazione del pianeta che trasmette, ciascuna entità riceverà il segnale forse per soli dieci minuti all’anno, o per dieci minuti al decennio.

In collusione, sia per la sua durata di 72 secondi, per la sua forma, per la frequenza di captazione, per l’intensità e per il fatto che sia stato un segnale ad intermittenza, si può certamente affermare che il segnale ha un'origine extraterrestre.

Dal 1977 ad oggi, è il segnale più promettente di forme di forme di vita intelligenti extraterrestri. Sarebbe davvero vergognoso scoprire che dall'universo ci stanno chiamando da una vita e

Per approfondire

Dettagli tecnici sul segnale "Wow!"
Frank Drake e Dava Sobel, Is anyone out of there?, Delacorte Press, New York, 1992