Castel Volturno, Villaggio Coppola Pinetamare: "Città dell'uomo, paradiso dei fiori"

mercoledì 20 gennaio 2010 - Scritto da Stè alle 21:31
Quella che vi sto per raccontare è la storia di quello che una volta era un bellissimo territorio, un vero e proprio paradiso naturale, che è stato dilaniato nel più totale silenzio, davanti agli occhi dello Stato e all'omertà delle persone che lo abitano e che ci vivono. Ci troviamo in Italia, a Castel Volturno, comune del nord casertano che conta 23.594 abitanti, dislocati su di una superficie di 72,23 km² e 25 km di costa: una delle coste più belle del Mediterraneo e del mondo, con un mare ed una pineta da fare invidia alle più belle spiagge del mondo..un tempo. Comune che prende il nome all’omonimo fiume “Volturno”, dal quale iniziamo a fare le presentazioni di quelli che saranno i protagonisti di un triste pezzo di storia del nostro Paese, purtroppo tanto triste quanto vero. Come tutti sanno, i fiumi sfociano nel mare, ma il fiume Volturno, è un fiume particolare e qui la situazione si capovolge: non è più il fiume a sfociare in mare, ma bensì il mare ad entrare nel fiume e a prendere il sopravvento per ben 2 chilometri e 300 metri, distruggendo tutte le colture che si collocano lungo il corso di questi 2 e più kilometri a ridosso della foce. E questo perché, perché è stato derubato e saccheggiato di tonnellate di sabbia, sabbia di ottima qualità presa indiscriminatamente e senza regole dagli argini e dal fondale. Sabbia di ottima qualità, e soprattutto gratis. Altro protagonista di questa storia sono i chilometri di bellissima pineta marittima, pineta che alla fine degli anni 60 (proprio gli anni in cui ha inizio il nostro racconto) verrà distrutta dai fratelli Vincenzo e Cristoforo Coppola.

Terminate le presentazioni, possiamo iniziare. Fine anni 60 i fratelli Vincenzo e Cristoforo Coppola la invadono con un milione e mezzo di metri cubi di cemento per 48 kilometri, creando il più grande agglomerato abusivo dell’occidente: un gigantesco villaggio abusivo di 864 mila metri quadrati. Al suo posto prima, una pineta, proprio quella pineta di cui parlavamo all’inizio e di cui torneremo a parlare successivamente. Il sogno dei Coppola era quello di costruire una vera e propria città-stato in uno dei territori più belli del Mediterraneo: un’oasi felice in cui non si sentisse il peso dell’inferno che in quei anni si stava vivendo in Campania e un po’ anche in tutta Italia; si voleva dare una speranza di una vita tranquilla in una città in cui si respirasse un clima sereno. Fu creato anche un’efficiente spot televisivo per incentivare e promuovere la vita del Villaggio Coppola Pinetamare: uno spot molto funzionate: “Non non è un posto per miliardari, qui vogliamo la piccola e media borghesia!" “Una nuova formula-vita accessibile a tutti”; e ciò voleva dire che non era un impresa impossibile, anzi stavano offendo l’opportunità di avere una bella casa e una bella vita a chiunque, dare l’accesso ad una vita che prima era possibile solo a miliardari. Oltre a tutti i comfort che si potevano avere, lo spot diceva anche che molti medici avevano scelto di andare a vivere li, a conferma di un’ulteriore salubrità dell’aria. Confort, una vita da miliardari, salute e aria pura offerta a tutti, in fondo, perché non andare? Materiali di prima qualità, tanto marmo, tanto cemento (fatto anche con la sabbia saccheggiata dal Volturno). Il “Villaggio Coppola Pinetamare” era una vera e propria città in grado di ospitare 15 mila persone: hotel, residence, grattacieli, pizzerie, rosticcerie, cinema, un porto privato con 600 posti barca in cui c'era ormeggiato anche lo yacht del boss Francesco Schiavone (porto inaugurato da ministri e benedetto da alti prelati), posti di presidio medico, una chiesa, uffici postali, caserma di polizia e carabinieri, scuole elementari, medie e superiori, uno sportello bancario, farmacia, discoteche,un centro congressi ed un parco acquatico. Tutto abusivo e senza uno straccio di carta che ne autorizzasse la nascita. Con il Villaggio Coppola fu coniato anche il termine di ecomostro: ossia un edificio, o un complesso di edifici considerati gravemente incompatibili con l’ambiente naturale circostante. Facevano parte del villaggio anche 8 grattacieli (conosciuti anche come “le torri"): 8 grattacieli di 12 piani con 80 appartamenti ciascuno e 1300 posti auto. I mostri Coppola avrebbero dovuto avere la vista sul mare, ma la vista sul mare non ce l'hanno, avevano la vista all’interno del villaggio stesso: è stato affermato, come giustificazione, che la vera bellezza non è il mare, ma il villaggio stesso.
I Coppola ottengono 500 licenze con le quali costruiranno 12000 edifici, cioè 11.500 edifici in più, abusivi. La costruzione del primo nucleo del villaggio della vergogna iniziò sulla pineta di Castel Volturno: pineta che era di proprietà della moglie di Cristoforo Coppola (sorella di Tiberio Cecere, ex parlamentare scudocrociato). Secondo un decreto Regio del 1911, la famiglia Cecere era proprietaria dell’intera area della pineta che veniva bagnata dalla mareggiata: non si trattava quindi qualcosa di preciso e di ben delineato, ma di un territorio non definito, molto vago e soggettivo, che andava un po’ a sensazioni: per questo, per effettuare una perizia aspettarono una grande mareggiata, la più grande mareggiata che ci fosse mai stata, impadronendosi così in una notte dell’intera pineta, riempiendola poi di cemento. Occupata l’intera pineta, le aree non bastavano più e l'impresa sconfinò, occupando di volta in volta le aree limitrofe, senza badare alla effettiva proprietà (in gran parte si trattava di terreno demaniale occupato abusivamente e mai più restituito).
Questa era una località talmente bella che l’imperatore Domitiano costruì una strada “panoramica” una strada “di mare” che consentisse durante il viaggio di poter godere della magnifica vista e del magnifico paesaggio che offriva ai passanti: la via “Domitiana”. Il degrado di quello che rimane si questa antica strada è sotto gli occhi di tutti: un’antica strada di epoca romana devastata che passa tra un condominio e l’altro: dove la strada era utile per i cantieri, e quindi dove serviva costruire una strada propria, la strada è stata tenuta in modo da risparmiare sui costi e si poteva garantire di un’opera ingegneristica di tutto rispetto, mentre dove non serviva, è andata perduta. Costruendo in questa zona, si è incappati ovviamente in un’infinità di reperti archeologici, che ovviamente dove non sono andati distrutti, sono stati fatti sparire. Per fare un altro esempio del patrimonio archeologico che è andato perso per colpa della camorra: un ponte di epoca romana sul Volturno è stato fatto saltare perché impediva il passaggio alle loro imbarcazioni (loro della camorra) per depredare il fiume dalla preziosa sabbia.

In quegli anni il sindaco è un certo Mario Luise del PCI di Castel Volturno, storico oppositore al Villaggio Coppola che in tre mandati (’71, ’77 e ’93) pose al centro del suo operato la lotta alle speculazioni edilizie, la contrapposizione alla famiglia Coppola ed il richiamo ad una massiccia legalità. Sin dall’inizio tenta di bloccare i lavori: a Luise viene dapprima ammazzato il cane e poi bruciata la casa, e malgrado gli attentati camorristici e i boicottaggi politici contro di lui, continua la sua lotta al Villaggio Coppola.
Nel 1976 vi fu il primo procedimento penale per abusivismo che si concluse con il pagamento da parte dei fratelli Coppola di una misera ammenda di appena 100 mila lire per i 12 mila edifici costruiti. Il giudice che emette la sentenza ha anch’esso una villa nel Vilaggio Coppola.
Sin da subito, contro questo progetto si schierò oltre al sindaco di allora Mario Luise , un magistrato: Donato Ceglie della procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), che martedì 19 settembre 1995, quindi ben dopo 19 anni, riesce a far mettere sotto sequestro la darsena e 12 ettari di complessi residenziali dell’impero dei Coppola.
Su tutti gli esercizi, infatti, non verrà apposto alcun sigillo: uno scambio di beni che prevede la cessione allo Stato di tutti gli edifici, dalle scuole alle caserme, e la bonifica di 80mila metri quadri di pineta, villette e appartamenti acquistati in buona fede, non subiranno alcun provvedimento giudiziario, tutelando così le 2.600 famiglie che acquistarono casa in edifici costruiti su suoli demaniali.
L’intero villaggio, che ormai è diventato una vera e propria cittadina, è stato posto sotto sequestro: un sequestro che sarà poi convalidato dal tribunale del Riesame, che oltre a togliere i possedimenti ai Coppola, li da in gestione alla Forestale e al sindaco di Castel Volturno. Senza mezzi termini Ceglie afferma: “C'è stata una colposa se non dolosa distrazione degli organi inquirenti. Si trattava di un territorio completamente sottratto allo Stato, dove poteva accadere qualsiasi cosa".

La capitaneria di porto segnalò subito la violazione delle norme di costruzione di salvaguardia per l'ambiente, ma nessuno intervenne. Qualcosa cominciò a muoversi solo nel novembre del '93 (nonostante una sentenza della corte di Cassazione del 1984 che riconosce la demanialità dei suoli"espropriati" da Vincenzo Coppola).
Oltre alla scomparsa della pineta e all’invasione del letto del Volturno da parte del Tirreno, nell'area di Pinetamare, sono scomparse almeno 150 specie tra animali e vegetali (tra cui mancano all’appello testuggini, cinciallegre, lepri selvatiche, farfalle e tra le vegetali lecci, pini, corbezzoli, gigli di mare, santolina delle spiagge e sparto pungente), e si sono persi interi tratti di spiaggia: lo denuncia il W.W.F.. Tra i danni più evidenti: "la costruzione illegale di 14 pannelli dell' estensione di 2 km, che hanno difeso le coste del Villaggio dall' erosione, ma, più a sud, hanno provocato la scomparsa totale della spiaggia di Ischitella, dove la costa è arretrata di 50 metri in 20 anni".
La darsena e l' istmo artificiale erano stati realizzati dopo la costruzione di banchine laterali e il dragaggio della parte centrale della vecchia foce dei Regi Lagni. L'indagine, sempre condotta dal pubblico ministero Donato Ceglie, ha stabilito anche altre responsabilita' di Vincenzo Coppola: eseguendo abusivamente lavori di bonifica, spianamento e dragaggio, l' imprenditore ha di fatto modificato la conformazione della zona, distruggendo ad esempio duecento metri di spiaggia letteralmente divorati dal mar, dato confermato anche dalla stessa capitaneria di porto.
Occorreranno almeno 80 anni per ricreare gli equilibri naturali completamente sconvolti per l'azzeramento totale di ogni forma di vita nell' area e costi altissimi per ripristinare la vecchia linea di costa e la vegetazione.

Dopo tutto quello che ho raccontato, non possiamo tralasciare che all’inaugurazione, tra le autorità presenti c’erano il ministro Bosco e il vescovo che spruzzava acqua santa sul cemento armato.
“Città dell’uomo, paradiso dei fiori”: questa la scritta che tutt’oggi campeggia a caratteri cubitali su un lato della strada, ma lo spettacolo che ci accoglie è ben diverso: squallore e degrado. Sembra di trovarci in una delle tante scene passate dal telegiornale, scene di una città colpita dalla guerra. L’intero villaggio è una città fantasma dove la speranza di abusiva dei Coppola ha lasciato posto alla realtà: una realtà lunare e desolata: sembra di trovarci in uno scenario post atomico. L’intero territorio giova di un benessere brevissimo, subito la gente inizia a capire che c’è qualcosa che non va ed inizia ad andare via. Le 8 torri vengono completate e affittate per 20 anni alla Marina degli Stati Uniti per ospitare i militari e le famiglie dei militari americani della Nato di servizio a Napoli. Finiti i 20 anni, i 640 appartamenti vengono destinati ad ospitare i terremotati che hanno perso le loro abitazioni nei sismi di quegli anni. Nel frattempo continua la fuga degli abitanti, i beni immobili vengono svalutati e gli ecomostri si svalutano, i Coppola capiscono e abbattono le otto torri a loro spese. Le macerie hanno preso posto della sabbia, continua il degrado infinito di un territorio che sta morendo giorno per giorno, i cui abitanti continuano a fuggire, ad evadere perché non ne vogliono più sapere, non vogliono più vedere e non ne vogliono più sapere di andare in vacanza in un posto che ormai è stato avvelenato dalla camorra, e dai politi compiacenti dello scempio che stava avendo luogo.

Pinetamare è un concentrato di quello che intanto stà avvenendo in tutto litorale: cemento selvaggio, appalti camorristici, distruzione dell’ecosistema.
Dalla metà degli anni ’90, il Litorale Domizio smette di essere la meta estiva dei napoletani e dei casertani, il progetto di conurbazione con il capoluogo viene abbandonato, la mancanza di una pianificazione generale, l’abusivismo selvaggio e l’inquinamento, rendono ridicoli slogan come “Città dell’uomo, paradiso dei fiori” apposta all’ingresso del complesso residenziale di Fontana Bleu, a Pinetamare. Qui, sul versante di ponente, oltre edifici abbandonati o occupati da immigrati, c'è il Rio Blue, un complesso balneare i cui scivoli colorati, avvolgendosi in spirali temerarie, piegano all’interno di vasche asciutte e ormai piene di detriti. Tutto giace in disuso, una pancia sventrata di plastica dura e cemento, porte divelte, vetri infranti e piante selvagge che sbucano dal pavimento. Sembra di sentire le grida dei bambini che fino a pochi anni fa sguazzavano tra una piscina e l’altra, a dieci metri dalle onde del mare, sotto verande e finestre dei condomini intorno da cui si ammira il Golfo di Napoli.
Il finale, per rimanere in tema con lo spirito di tutta la vicenda, non è felice: nonostante i soprusi, lo strapotere e l’arricchimento illegale, saranno ancora una volta i Coppola a guidare il piano di risanamento e di riqualificazione del territorio. Un piccolo pezzo di paradiso che ci permette di tornare indietro nel tempo e ricordare la bellezza di quella zona e avere una così bella città sul mare.
Un campo di golf da 18 buche, il primo in Campania. Cinquanta ettari tra le dune e la scogliera di Castelvolturno, dove un tempo sorgeva l'ecomostro di Villaggio Pinetamare con le sue otto torri. Un investimento da 6 milioni di euro ha consentito la realizzazione del progetto, primo passo del recupero dell' intera area.


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